Carissimi,
qui è Fra Guglielmo che scrive. Oggi interrompiamo l’abituale percorso all’interno della struttura centrale del monastero per spostarci al piano terra del corpo distaccato, visibile dall’esterno a chi arriva alla Certosa di Calci.
In questa parte dell’edificio di accesso si sviluppano gli ambienti della farmacia.
Una volta nella corte d’onore, il bellissimo cortile che accoglie chi entra in Certosa, ci dirigiamo verso la porta d’ingresso della farmacia, sopra la quale possiamo osservare dipinti di alambicchi , vasi, mortai e…libri. Eh sì, per lavorare le erbe è necessario prima conoscerle bene attraverso lo studio degli erbari, una sorta di enciclopedia delle erbe.
Il nostro esperto di piante medicamentose è Padre Camillo, il monaco speziere della Certosa, a cui mi rivolgo anch’io per trovare un rimedio per il mal di schiena, che spesso mi rende difficile lavorare nei campi.
Prima di entrare nella farmacia vera e propria, si accede a un’anticamera con due ingressi: uno dall’interno del monastero, l’altro dall’esterno.
Dall’ingresso esterno possono entrare le persone malate o con qualche disturbo, di Calci e dei dintorni, che ben conoscendo l’efficacia dei nostri
rimedi, si rivolgono fiduciosi a noi per alleviare le loro pene.
In questo modo è possibile per loro accedere alla farmacia senza entrare nel monastero e dall’anticamera rivolgersi a noi direttamente da una delle due finestrelle presenti.
Indovinate a chi spetta servire i pazienti dalle finestrelle? Proprio a noi fratelli conversi, perché padre Camillo, come tutti i monaci padri, ha fatto il voto del silenzio e non può parlare con nessuno.
Quando è il mio turno sono contento come una Pasqua! Vedo tante persone di Calci ma anche di Pisa, ricchi e poveri, di tutte le età, e sono così felice di poterli aiutare!
Al di là della porta e delle finestrelle, ecco il regno di Padre Camillo.
La farmacia è un’elegante sala decorata con stucchi e dipinti, arredata con armadi della fine del Settecento, contenenti tanti vasi in ceramica chiamati albarelli. Al loro interno sono custodite le erbe essiccate al sole.
Se alzate gli occhi al soffitto, potete ammirare un bel dipinto di Nicola Matraini della fine del Settecento, con una giovane donna, molto bella e in salute, che porge un vasetto con una pianta a una vecchia signora malata.
La ragazza tiene in mano un bastone con un serpente attorcigliato: non vi ricorda l’insegna delle farmacie?
Ebbene, questa giovane donna è l’allegoria – cioè il simbolo – della Medicina, che attraverso le erbe officinali donateci dal Creatore cura i nostri malanni.
Ah quanto mi piacerebbe conoscere tutte le erbe come il nostro Padre Camillo, e lavorarle per produrre le medicine! Lui ha studiato e studia ancora tantissimo, io invece sono un povero ignorante, ho anche poca memoria, però il mondo delle erbe è veramente affascinante anche per un
asino come me.
Mi accontento di distribuirle dalla finestrella, dispensando qualche consiglio ai malati, sotto la supervisione del nostro monaco speziere: è lui che sa indicare dosi e tipologia di cura, prescrivendo per esempio un infuso o un decotto a seconda dei casi.
Per essere precisi nella distribuzione dei rimedi, pesiamo le piante con le sensibilissime bilance in ferro battuto e ottone: oltre ad essere molto belle sono fondamentali per conoscere i quantitativi giusti di erbe da somministrare.
A me piace anche aiutare padre Camillo nella raccolta delle erbe coltivate nel giardino dei Semplici, un piccolo giardino proprio accanto alla farmacia dove ci prendiamo cura delle erbe semplici, cioè le piante officinali che utilizziamo per i nostri preparati.
È giunto il momento di rimettermi al lavoro, io vi saluto ma vi lascio al racconto più approfondito di padre Camillo: chi meglio di lui saprà svelarvi tutti i segreti dell’arte farmaceutica?
Vi aspetto in Certosa non appena sarà possibile!
Pace e salute a tutti voi,
Fra Guglielmo